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Intorno al mistero indefinito del Caos

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Vito Guarneri

  

Intorno al mistero indefinito del Caos

a cura di Nicolò D’Alessandro

 

  Ricordo bene che tredici anni fa, nel 2011, avevo avuto modo di vedere nel suo studio   i lavori di Vito Guarneri, rigorosamente dipinti su un formato quadrato (80x80 cm) che restituivano splendidi volti di fanciulle, dipinte realisticamente, che emergevano da atmosfere fantasmatiche. Tre anni prima (2019) la sua ricerca pittorica, sempre realistica, affrontava molti temi sociali (i clandestini, il colera, la fame nel mondo, il decadimento della Grecia, la povertà in Africa, la Palestina e Gaza, il Dalai Lama) e utilizzava il collage che gli consentiva di sommare, principalmente ai volti,  elementi e citazioni varie.

  Un espediente questo per rafforzare la necessità di rappresentare il non luogo risolto coloristicamente suggerendo una atmosfera suggestiva e inquietante,  creata anche in parallelo con una altra serie apparentemente slegata dalla scelta figurativa, ma coerente con il suo volere conquistare lo spazio, il movimento, le vibrazioni, le percezioni e lontani stimoli.

  Nel mercato dell’arte la crisi economica del 2009 e il conseguente crollo del mercato d’arte moderna e contemporanea modificava la percezione che sino a questi anni sosteneva la concezione dell’arte e delle avanguardie. In tale situazione l’arte era fortemente segnata da una rivisitazione del passato, da esposizioni che tornavano ad esplorare le avanguardie storiche e l’opera dei maestri che hanno segnato importanti svolte nei due secoli passati: da Goya a Van Gogh, da Gauguin a Kandinsky a Picasso. Ma anche da un vivace susseguirsi di fenomeni artistici, tra il figurativo e l’astratto differenti ma pur sempre correlati fra loro, che proponevano forme espressive in sintonia con il continuo, soprattutto rapido, mutare dell’arte.

  Vito Guarneri, in sintonia con i tempi, si è sempre mosso e ancora oggi si muove in un territorio definito, ma mai definitivo e la splendida esperienza del periodo figurativo si esaurisce ancora oggi a favore della pittura astratta e l’astrazione. Rimando a quei periodi di intensa ricerca per leggere meglio oggi i dipinti astratti che presenta, dopo la personale di Caccamo, quella nel 2006 a Il Giardino delle Muse di Elio Cuppari, quella nel 2012 alla galleria di Villa Niscemi, e quella nel 2020 alla Galleria Arvis di Palermo. Questa mostra ci offre la possibilità di rivedere le ricerche astratte del Nostro che riconfermano il rigore della sua ricerca artistica.

  Da sempre teso alla ricerca del nuovo, si ritrova titolare di un accumulo di forme e colori che spazzano l’equilibrio visivo dell’osservatore. In questi lavori leggo vertigine e caos su spazi rigorosamente bidimensionali che fingono la tridimensionalità, che procedono parallelamente della direzione non prevedibile di una visione antinaturalistica e antisimmetrica.

  Intravedo colori come aurore boreali e tinte pulsionali prodotti da ragioni irrazionali che esprimono energia.

  Chi da più tempo segue il lavoro di Vito sa riconoscere la sua istintiva tendenza a controllare lo spazio; muoversi con disinvoltura dentro una dimensione onirica e allusiva, frutto di contaminazioni e scoperte che caratterizzano il suo eclettismo e la sua lettura interpretativa.

  Nel 1997, a Parigi il critico d’arte Henri-Francois Debailleux, componente di un gruppo d’avanguardia, teorizza il “movimento dei frattalisti” che nel manifesto  dichiara: “Tutto brulica, vibra, s’attorciglia, brilla, sprizza, esulta, sobbalza, danza, volteggia, palpita, sfarfalla, turbina. Veniamo precipitati dentro vortici, ritmi e turbinii come se la testa fosse dentro il cestello della lavatrice tutto si muove, tutto gira e in tutte le direzioni”.

  Ed il movimento vorticoso di Guarneri si agita all’interno del caos, imita l’andamento dei frattali, quelle figure geometriche che si ripetono uguali a sé stesse su scala sempre più piccola, sostituendole con forme circolari mutuanti e ripetitive, sostenute da colorazioni magmatiche, da concrezioni fisiologiche, plasma liquidi e composti organici e inorganici. È costantemente preoccupato di tradurre elementi figurali, apparentemente frenetici, in direzione di un ordine dinamico. Forze centrifughe e centripete si contrappongono, si muovono all’interno di occultamenti e di svelamenti. In alcune sue composizioni alludenti ai giochi pirotecnici, ci appare ancora che avverta la necessità di raccontare il caos dell’esistente dell’infinitamente piccolo che cerca di espandersi nell’infinitamente grande.

 Sente la necessità di riconoscersi mediante la pittura, usata attraverso la formulazione di un patrimonio del tutto privato, insondabile e inconscio. Come se volesse ritrovare una realtà di ciò che nel mondo è avvenuto, avvertendo la necessità di recuperare tracce di passati rimossi per riappropriarsene di nuovo. Muovendosi nella insopprimibile necessità del fare arte, rinuncia ad una identità stilistica, creando un cortocircuito dialettico.

  Insomma non cerca di apparire elegante o convincente ma cerca attraverso questo suo viaggio solitario compiuto con lo sguardo del proprio mondo interiore tra memoria e sogno di cambiare, spesso ossessivamente, i punti di vista dell’osservatore, li sovrappone, li nasconde per costringersi e costringerci a guardare luoghi inesistenti invitandoci a rileggere il mistero indefinito del caos inteso come “spazio aperto” dove ci saranno fluttuazione di energia.

Palermo, ottobre 2025

                                                                                    Nicolò D’Alessandro



 
 
 

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